La prima cosa che scopri quando vuoi spostarti da una città all'altra della Turchia -ammesso che, come un viaggiatore, tu ti voglia affidare ai mezzi di trasporto locali- è l’efficientismo di questa articolatissima rete capace di raggiungere le mete più minute e impensate. Da Istanbul un furgoncino (detto “dolmuş”) con altri 6 viandanti mi viene direttamente a prendere alla mia scalcinata ma pulita pensioncina...
[Piccola parentesi. Una delle cose che più sorprenderà il genetico (seppur in me in pillole) razzismo che tutti, volenti o nolenti, nutriamo verso l’Altro che ci è estraneo, è la pulizia. Ogni luogo in cui ho finito per incappare è di una pulizia esemplare, compresi i cessi pubblici e quelli negli autogrill, roba che in Italia te la sogni. Unico neo, il costo: nella gran parte delle toilette si paga per entrare, spesso anche più di una lira che, se pensate che in media mi sono sfamato con non più di 20 lire a pasto, in proporzione è davvero tantissimo. Istanbul Uçhisar: 12 ore di pullman notturno, 6 soste, 4 pisciate... totale: 7 lire. Consiglio: portatevi un pitale].
Ma torniamo al nostro pulmino che mi acchiappa in pieno centro e dopo aver caricato qua e là altri avventurieri, attraversa la città oltre la sua periferia estrema.
Poi, improvvisamente, ecco la stazione dei pullman. Centinaia, mai visti così tanti tutti insieme e tutti bellissimi, luccicanti, bianchi come se mai fossero usciti dal concessionario. Se non fosse per l’autista che mi ha caricato a Istanbul che, premuroso, mi guida al pullman della mia destinazione, giuro mi sarei perso e ora starei ancora gironzolando in quell'immenso deposito come il protagonista di quel film di Spielberg (“The terminal” n.d.A) che rimane per anni intrappolato in aeroporto e in quello spazio ricava la sua dimora e costruisce le sue relazioni.
Sul pullman con me una cinquantina d’altri: autoctoni per lo più, pendolari che si giocano a Istanbul il lavoro e la famiglia in un qualche altrove, ma anche stranieri e viaggiatori anche loro presi, presumo, dalla curiosità di affondare i denti in questo paese che vediamo scivolare dai finestrini nella notte che oscura e adombra il contorno d'ogni cosa.